Il Museo

Nel Museo ogni sala destinata all’esposizione museale, anche se di modeste dimensioni, è stata dedicata alla memoria di un Vescovo:

Salone d’ingresso: Mons. Pietro Vincenzo Platamone

Sala I: Mons. Martino D’Acugna
Sala II: Mons. Girolamo Ventimiglia
Sala III: Mons. Giuseppe Coppola
Sala IV: Mons. Vincenzo M. De Francisco
Sala V: Mons. Bonaventura Attanasio
Sala VI: Mons. Francesco Arata

Al centro della sala di ingresso si trovano due grandi oli su tela entrambi di autore ignoto: uno con La Vergine Maria e i Santi Patroni di Lipari che intercedono presso la Trinità (opera del XVIII sec.), proveniente dalla sagrestia della chiesa di San Giuseppe a Lipari; l’altro con ll vescovo Sant’Agatone riceve l’annuncio dell’arrivo del corpo dell’Apostolo San Bartolomeo (opera del XVII-XVIII sec.), proveniente dalla Cattedrale di Lipari.

Attraverso questi due dipinti si intende introdurre il visitatore nella storia religiosa delle Eolie, aiutandolo a immergersi nella storia – forse meno conosciuta – delle Isole, invitandolo anche a visitare i luoghi di interesse naturalistico, scenario di tali eventi.

Qui è prevista la collocazione di copie di epigrafi funerarie cristiane rinvenute negli scavi archeologici, che testimoniano la presenza di una comunità cristiana già strutturata nel V secolo.

Dalla sala d’ingresso si accede, tramite una scala di pietra a tre rampe, al primo piano dove si trovano le tre sale, dedicate ciascuna ad un importante vescovo di Lipari e, rispettivamente, al Cinquecento, al Seicento e Settecento e al Settecento. Alle pareti sono appesi una serie di dipinti suddivisi per periodo storico, provenienti da alcune chiese dell’isola non più esistenti o in attesa di interventi di recupero e alcuni ritratti di vescovi di Lipari e nelle bacheche oggetti liturgici e paramenti sacri di particolare pregio, raggruppati per tipologie.

Nella SALA I, dedicata a mons. Martino D’Acugna, si viene accolti dalla grande statua lignea di S. Caterina, collocata a sinistra, che schiaccia con il piede la testa del padre pagano che la fece torturare e uccidere. Inoltre si possono ammirare sette dipinti cinquecenteschi, la realizzazione dei quali si colloca a pochi decenni dal terribile sacco del pirata turco Ariadeno Barbarossa del 1544. Essi testimoniano – oltre alle varie devozioni presenti sul territorio e introdotte dall’esterno – i commerci e i non pochi rapporti che Lipari intratteneva con gli scali della Penisola. Tra di essi in particolare sono da considerare:

La tavola della Madonna con il Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Nicolò (1565), da attribuirsi al pittore napoletano Decio Tramontano, originariamente collocata nella chiesa di Maria SS. dell’Arco e dei Santi Giovanni Battista e Nicolò a Lipari, limitrofa alla Chiesa della Madonna della Grazie, dentro le mura del Castello di Lipari. La tavola reca un’interessante iscrizione che informa su committenza, data e luogo di esecuzione.

La tavola centinata con La Madonna con il Bambino tra I Santi Giovanni Battista e Giacomo, nella cui lunetta superiore sta la Trinità con angeli, che proviene molto probabilmente dalla chiesa di S. Giacomo Maggiore di Lipari, fatta costruire dagli Spagnoli In contrada “valgo Vagnamare sopra rupe”, oggi non più esistente.

L’opera, offerta come dono votivo da Giacomo Galluppi, documenta attraverso l’iscrizione le terre raggiunte dai marinai liparesi. Le soluzioni formali sembrerebbero tratte dall’ambiente pittorico palermitano vicino i modi di Vincenzo da Pavia (ca. 1557).

La tavola di Santa Caterina d’Alessandria incoronata da due angeli, del pittore Giovanni Filippo de Floris, potrebbe essere ricondotta alla chiesetta omonima nei pressi dell’attuale cimitero di Lipari (oggi diruta), riaperta al culto nel corso del secondo Cinquecento, ma già esistente prima della “ruina”. Il culto della martire alessandrina, qui rappresentata con angeli reggi corona, con un rigido e arcaico schematismo di matrice popolare, doveva essere particolarmente diffuso anche a Lipari, come attestato tra l’altro dalla presenza di una omonima Confraternita dl cui si conserva l’atto di Costituzione. Tale Confraternita aveva ottenuto la possibilità di custodire la statua della Santa (oggi presente in questa stessa sala, priva degli elementi Iconografici che la contraddistinguono) nella Chiesa della Concezione al Castello di Lipari (poi detta di S. Caterina).

La Dormitio Virginis, forse attribuibile a Giovan Filippo Criscuolo (1495-1584), che proviene dalla Chiesa Cattedrale di Lipari in cui è documentata la presenza di un altare dedicato all’Assunzione della Vergine già nella prima visita pastorale dopo la “ruina”. Interessante la presenza di una figura in basso in primo piano con le mani tese che fa riferimento all’episodio secondo cui a un giudeo che tentava di rovesciare il cataletto su cui era distesa la Madonna si rinsecchirono le mani. Egli prega gli Apostoli di intercedere e, una volta guarito, si fa battezzare. Il dipinto si ispira infatti alle narrazioni apocrife secondo cui, al momento della morte della Vergine, gli Apostoli si trovarono miracolosamente radunati a Gerusalemme.

La Deposizione, un tempo sull’altare di S. Marfa della Pietà, nella cattedrale di Lipari, equilibrata e sobria ricorda la tavola di identico soggetto dipinta da Giovan Bernardo Lama per la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli di Napoli.

Nella II e nella III sala sono ospitate le opere del Seicento e del Settecento che attestano il grande fervore religioso che, alimentato dal Concilio di Trento, portò a moltiplicare – oltre alle chiese – i decori e le immagini oggetto di venerazione. Impulso notevole in tal senso venne dato anche dagli Ordini religiosi dai quali furono scelti molti dei vescovi di Lipari.

Tali opere per la loro qualità e per le connotazioni artistiche testimoniano il gusto della committenza, costituita da prelati e da laici di varia provenienza ed estrazione sociale, che in quella temperie storica fu parte attiva di una significativa importazione artistica, legata in un primo momento all’ambiente napoletano e poi a quello romano e siciliano.

Nella SALA II, dedicata a mons. Girolamo Ventimiglia, si trovano altri sette dipinti realizzati tra il XVII e il XVIII secolo. Sono degni di particolare nota:

una Madonna con il Bambino dormiente, S. Caterina e angeli musicanti, di autore ignoto tra i sec. XVII-XVIII, olio su tela, copia da Carlo Maratta (Roma 1625-1713), presente nel Palazzo Vescovile di Lipari;

una Santa Barbara, di discreto autore dell’inizio del sec. XVIII riconducibile a scuola messinese; olio su tela, proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie di Lipari;

un’Apoteosi di San Vincenzo Ferreri, attribuita al fiammingo Guglielmo Borremans (Anversa 1672-1744), olio su tela di ottima qualità, espresso in un brioso linguaggio tipico del nord Europa, inusuale in Sicilia, proveniente dalla cappella del Rosario nella Cattedrale di Lipari.

Nella SALA III, dedicata a mons. Giuseppe Coppola, si trovano due sculture lignee di grande interesse: una Pietà e una Vergine Immacolata. Ed inoltre sei grandi tele, tre di medie dimensioni e un piccolo ovale con una Vergine Annunciata. Le tele principali sono:

una Madonna del latte di autore ignoto del sec. XVIII, un olio su tela proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie di Lipari

Opera di buona fattura che presenta al centro della composizione la Vergine su un trono di nuvole con in braccio il Bambino che raccoglie in un’ampollina di vetro il latte che sgorga dal seno della Madre;

una Presentazione della Vergine Maria al Tempio di autore ignoto, della prima metà del sec. XVIII – olio su tela proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie di Lipari.

Rappresenta la Vergine con Gioacchino e Anna, accolta dal Sacerdote. Sullo sfondo una donna velata (S. Anna del Tempio?) e figure che sorreggono pesanti candelabri. In alto, su una nuvola, due cherubini e un tralcio di rose;

una La Sacra Famiglia e San Bartolomeo di autore ignoto, datata 1793, olio su tela proveniente dalla Chiesa della Madonna delle Grazie a Lipari.

La scena centrale raffigura la Vergine seduta su un trono di nuvole con in braccio il Bambino benedicente e a fianco San Giuseppe;

una Immacolata tra Santi e cherubini di autore Ignoto, sec. XVIII (attribuito a P. Fedele da S. Biagio, cappuccino, 1794) olio su tela – proveniente dalla chiesa dei Cappuccini a Lipari.

L’opera descritta dettagliatamente all’inizio dell’Ottocento, viene attribuita al padre cappuccino Fedele da S. Biagio con la data del 1794;

un S. Onofrio di Giovanni Barbera, 1743, olio su tela – proveniente dalla sagrestia della Chiesa dell’Addolorata a Lipari.

La tela venne trasferita nel 1811 dalla Chiesa della Purificazione di Lipari, oggi non più esistente, su disposizione del vescovo Todaro, alla chiesa dell’Addolorata sempre a Lipari.

una Madonna con Bambino e Santi francescani di autore Ignoto, sec. XVIII (attribuito al sac. Giuseppe Russo di Barcellona di Sicilia), olio su tela – proveniente dalla chiesa dei Cappuccini a Lipari.

La descrizione dell’opera viene fornita dal cardinale Rodriguez che lo vide nella chiesa dei Cappuccini.

Riscendendo le scale si giunge nuovamente al piano terra dove si trovano le SALE IV, V e VI, anch’esse dedicate ad un vescovo e con una specifica destinazione espositiva.

Nella SALA IV (sala degli argenti), dedicata a mons. Vincenzo Maria De Francisco, si trovano oggetti liturgici in argento.

La maggior parte degli oggetti in argento (ostensori, calici, corone devozionali e reliquiari), grazie ai punzoni e ad alcune iscrizioni, sono riconducibili al catalogo di artisti la cui attività è ampiamente nota in area siciliana.

Nella SALA V, (sala dei paramenti), dedicata a mons. Bonaventura Attanasio, sono invece esposti preziosi paramenti liturgici appartenuti a vescovi di particolare importanza per la storia locale. Nelle vetrine si trovano: la pianeta rossa di Mons. Ventimiglia, che fece affrescare le volte della Cattedrale agli inizi del Settecento; la pianeta verde di Mons. Tedeschi, famoso per essere stato uno dei protagonisti della Controversia Liparitana; la pianeta in rete d’oro di Mons. Angelo Paino, costretto a lasciare le Eolie per la polemica sul possesso dei terreni pomiciferi; la mitria di Mons. Bernardino Re e alcuni oggetti appartenuti a Mons. Bonaventura Attanasio, come la singolare portantina (fuori dalla vetrina, a pavimento, accanto al copri faldistorioseggio vescovile a forma di X, privo di spalliera fissa), utilizzata per gli spostamenti dal palazzo alla cattedrale.

Dalla SALA V si accede alla CAPPELLA

Si tratta della cappella privata del vescovo, un vano coperto da un soffitto a botte. Sul fondo della pianta asimmetrica è collocato un altare in marmo del XX secolo che nella parte sommitale, al centro, porta un tronetto con un Crocifisso in osso realizzato tra il XVIII e il XIX secolo. Sui due ripiani del tabernacolo 12 candelieri in legno intagliato e foglia d’oro, mentre sul piano dell’altare è aperto un Canon Missae ad usum episcoporum ac praelatorum, edito dalla tipografia vaticana nel 1745, con in copertina lo stemma di mons. Vincenzo M. De Francisco. Molto interessante, nella parete sinistra, una serie di quindici piccoli oli su tela con i Misteri del Santo Rosario, provenienti dal coro della chiesa dei Cappuccini al Camposanto. Il pavimento in maioliche siciliane documenta diverse fasi di ripristini di cui nella data sulla soglia della cappella, è quello riferibile al 1846.

Nella SALA VI (sala delle sculture e dei manoscritti), dedicata a mons. Francesco Arata, si trovano varie ‘devozioni’ presenti sull’Isola, che portarono all’edificazione di innumerevoli chiese e cappelle disseminate sul territorio; oltre a tre grandi tele a olio e documenti manoscritti dell’Archivio Storico della Diocesi di Lipari.

In due grandi espositori è infatti possibile ammirare alcuni manoscritti dell’Archivio Storico, tra cui la prima Visita Pastorale a noi giunta e un’interessante pianta geometrica dei terreni della Mensa Vescovile che permette di osservare la conformazione del territorio attorno al Palazzo agli inizi dell’800.

Le quattro sculture sono: un S. Leonardo e un S. Nicola vescovo, in legno, ascrivibili al XVIII sec.  e un’Immacolata e una Madonna di Trapani, in marmo, ascrivibili anch’esse alla stessa epoca.