Il Vescovo Agatone

Approfondimento sul Vescovo Agatone e sull’arrivo del corpo di San Bartolomeo sulla spiaggia di Portinenti a Liapri

La tela di S. Agatone – restaurata nel 2021 grazie al contributo dell’Aeolian Islands Preservetion Foundation – proviene dalla Cattedrale di Lipari e con ogni probabilità doveva trovarsi su uno degli altari laterali dedicato a S. Agatone, la cui esistenza è testimoniata dai registri delle Visite Pastorali sin dalla ricostruzione della maggiore delle Chiese eoliane dopo il terribile sacco del 1544. Tale dipinto venne verosimilmente sostituito, verso la fine del ‘700, da un altro quadro di S. Agatone (tutt’ora in Cattedrale) quando vennero realizzati gli altari in marmo e il nuovo progetto iconografico portato avanti dal Mercurio, su commissione di Mons. Coppola.

 

Il soggetto della tela, nonostante alcune evidenti lacune, è di facile lettura e ritrae un episodio chiave della storia religiosa di Lipari, così come tramandato dalla tradizione locale e, successivamente, accolto nel Disegno Historico del Campis del 1694.

 

Secondo una plurisecolare tradizione, Agatone, vissuto nel corso del III secolo, al tempo della persecuzione di Valeriano, fu il primo vescovo di Lipari, attorno al quale dovette raccogliersi la prima comunità cristiana dell’Isola, il cui quartier generale era, quasi sicuramente, nella zona della Maddalena, lontano dall’acropoli, evidentemente ancora pagana.

Nonostante attorno alla figura di Agatone gravino delle incertezze storiche e ruotino una serie di racconti che hanno ombre di leggenda, il nome di questo santo vescovo è legato ad un evento di fondamentale importanza per la storia cristiana delle Eolie e cioè il miracoloso arrivo a Lipari del corpo di San Bartolomeo, uno dei dodici apostoli di Gesù di Nazareth.

 

Secondo quanto ratificato in un documento del 1617 dall’allora vescovo di Lipari (Mons. Vidal), che recepiva una ben più antica tradizione, S. Agatone il giorno 13 del mese di febbraio dell’anno 264 dell’era cristiana accolse, sulla spiaggia di Portinente, a seguito di una visione o di un sogno che gliene preannunciava l’arrivo, le spoglie del Santo Apostolo Bartolomeo, giunte miracolosamente in una cassa, navigando attraverso il mare dai lontani lidi orientali.

 

Stando agli Atti del martirio, infatti, l’apostolo Bartolomeo, a motivo della sua predicazione, aveva incontrato l’ostilità del re pagano Astiage, che lo mise a morte condannandolo al martirio per decorticazione. Poiché la sua tomba continuava ad attirare fedeli, i pagani decisero di gettare il sarcofago in mare. Questo, tuttavia, non sprofondò ma galleggiando sui flutti giunse alle sponde dell’isola di Lipari.

 

La permanenza delle spoglie dell’apostolo Bartolomeo sulla maggiore delle Isole Eolie è storicamente attestata da vari autori e sulla sua devozione si è praticamente innervata tutta la storia religiosa dell’Arcipelago, come attestano le numerose chiese a lui dedicate, le feste che lo ricordano per commemorare eventi prodigiosi, l’essere inserito perfino nello stemma municipale.

 

La più antica testimonianza della presenza del corpo di San Bartolomeo a Lipari, tramandata non solo da fonti locali, è quella di Gregorio di Tours che già nel VI secolo (tra il 572 e il 590) riferisce anche di una grande chiesa, a Lipari, in cui erano venerate le preziose reliquie.

 

La storia del martirio di Bartolomeo narra che egli patì in India. Dopo lo spazio di molti anni dal suo martirio, essendo sopraggiunta una nuova persecuzione contro i Cristiani, e vedendo i pagani che tutto il popolo accorreva al suo sepolcro e a lui rivolgeva preghiere e offriva incensi, presi da odio, sottrassero il suo corpo e, ponendolo in un sarcofago di piombo, lo gettarono in mare, dicendo: Affinché non seduca oltre il nostro popolo.

Ma per la provvidenza di Dio […] il sarcofago di piombo tenuto a galla dalle acque che lo sostenevano, da quel luogo fu traslato ad un’isola che si chiama Lipari. E ne fu data notizia ai Cristiani perché lo raccogliessero: e raccoltolo e sepoltolo, su di questo edificarono una grande chiesa. In questa chiesa è ora invocato e manifesta di giovare a molte genti con le sue virtù e le sue grazie. 

La grande chiesa a cui fa riferimento Gregorio di Tours sorgeva, quasi sicuramente, dove tutt’oggi insiste la chiesetta di San Bartolomeo extra moenia (fuori le mura), tra la baia di Portinente e quella di Marina Corta. Proprio in quella zona, infatti, i primi cristiani dovevano avere il loro abituale luogo di culto, in cui posero anche le reliquie del santo. In origine si sarà trattato, probabilmente, di un luogo abitativo, poi di un tempio modesto, infine, con il passare dei decenni, a seguito di trasformazioni e ingrandimenti, del grande tempio di cui abbiamo notizie nel VI secolo. Una volta sradicato il paganesimo con i suoi culti, nonostante la sede vescovile fu trasferita sull’acropoli, nella chiesa “fuori le mura” si continuò a custodire il corpo del Santo Apostolo e dei primi vescovi liparesi, fino al sacco del IX secolo.

Un’altra testimonianza sul miracoloso arrivo del corpo dell’Apostolo è quella del monaco greco Teodoro Studita (759-826):

L’arca [contenente il corpo di San Bartolomeo] invece di affondare, per grazia divina, parve avanzare attraverso i flutti. Fu trascinata dalle regioni dell’Armenia e navigando giunse all’isola chiamata Lipari, per manifestarsi là grazie al ritrovamento da parte del vescovo del luogo, il santissimo Agatone […] Fu accolto splendidamente con molta luminaria e con profumi ed inni, mentre tutti gli abitanti del luogo gli vennero incontro nella gioia. Successivamente l’arca non avanzo più; benché infatti alcuni la tirassero, essa divenne irremovibile. Al gaudio subentrò l’afflizione: il popolo fu impotente; ma venne escogitato un espediente. Vicino infatti è il Signore a quanti lo invocano. L’arca, trasportata su due caste vitelle, fu deposta laddove la sua sacra abitazione sarebbe stata eretta in breve.

 

Teodoro riporta, inoltre, un prodigio – tramandato anche dalla tradizione popolare orale – appreso probabilmente da qualche monaco greco esiliato a Lipari dal patriarca.

 

Poiché allora Vulcano, com’è chiamato, essendo adiacente all’isola, incombeva rovinoso sugli abitanti del circondario, fu allontanato [dall’apostolo] durante le tenebre e in qualche modo fu bloccato a distanza, a sette stadi in direzione del mare, tanto che fino ad oggi è manifesta a quelli che guardano tale promontorio la collocazione del fuoco obbligato ad allontanarsi.

 

Ulteriore testimonianza è quella di San Giuseppe l’Innografo (816-886). Anche se più succinta, la testimonianza del monaco ripete la versione del Santo studita, secondo cui il corpo del Santo gettato in mare dai “tiranni del luogo” nel suo viaggio attraverso il mare Pontico, l’Egeo e l’Adriatico, fu accompagnato dai corpi di altri quattro martiri, i quali però, una volta raggiunta la meta di Lipari, “si volsero a quei luoghi ai quali la divina provvidenza destinava ciascuno di loro”:

 

 

Fu una scoperta per colui che in quel tempo presiedeva alla chiesa di Lipari il fatto di ritrovare sulla spiaggia il grande Apostolo del Signore: era costui Agatone ed era grande la sua fama presso di tutti. Egli accorse e vedendo il corpo che era stato gettato sulla terraferma, pieno di stupore e di gioia gridava: Benvenuto, o porto di salvezza per coloro per coloro che lottarono nel mare delle calamità, benvenuto o divino fiume del Paraclito […]. Così dice questa terra che da povera è diventata ricca: oggi ho ricevuto in dono un tesoro grandissimo […] ho infatti Bartolomeo come abitante. Voi tutte mie isole, rallegratevi con me oggi, voi tutte città, gioite con me per sempre. Presso di voi giacciono i corpi di molti santi, a me ne basterà uno al posto di tutti.

IL CORPO DI S. BARTOLOMEO
PRODIGIOSAMENTE APPRODATO
IL 13 FEBBRAIO 264
ALLA SPIAGGIA DEL PORTO DELLE GENTI
FU IN GIOIA TRASPORTATO DAL VESCOVO S. AGATONE
DAL CLERO E POPOLO LIPABESE IN QUESTA SUA VICINA CHIESA
ORA PICCOLA CAPPELLA
MISERO AVANZO
DEL TEMPO E DELLE PASSATE
DI QUESTA ISOLA
DISGRAZIE
E A LUI SOLENNEMENTE DEDICATA

23 AGOSTO 1950

IL S. CORPO IL 15 OTTOBRE 839
DOPO LE DEVASTAZIONI SARACENE
FU TRASPORTATO A BENEVENTO
DAL PRINCIPE SICARDO V

MONS. M. D’ACUGNA IL 1585
RECUPERÒ LA RELIQUIA DEL POLLICE
TRAFUGATA NELLA STESSA INCURSIONE

MONS. A. PAINO IL 22 AGOSTO 1926
APPRODANDO AL PORTO DELLE GENTI
DONÒ SOLENNEMENTE ALLA DIOCESI
LA RELIQUIA DELLA PREZIOSA PELLE
OTTENUTA DAL CAPITOLO DI VENEZIA

IL POPOLO OFFRI PER ESSA IL 23 AGOSTO 1930
IL VASCELLUZZO
AUSPICE MONS. SALVATORE B. RE

13 FEBBRAIO 1951

Sono dei Coniugi Venerosa
                          Melboume